Una delle caratteristiche peculiari del paesaggio di Castello di Serravalle, messa ancor più in risalto dal suggestivo contrasto con le aree coltivate, è rappresentata dai calanchi: affioramenti argillosi, formatisi in ambiente marino profondo, durante il Pliocene (circa 5 milioni di anni fa). Le argille sono rocce poco resistenti all’erosione e molto impermeabili: in caso di pioggia, l’acqua non può penetrare negli strati inferiori, scorre superficialmente trascinando e asportando materiale e incidendo i versanti, anche a causa della pendenza e della scarsa vegetazione. Il paesaggio dei calanchi appare particolarmente aspro anche a causa della scarsa copertura vegetale, provocata dalle severe condizioni ambientali: l’impermeabilità delle argille provoca un’elevata aridità, la composizione chimica del terreno è inadatta per la maggior parte delle specie vegetali, mentre gli strati più superficiali sono continuamente asportati dall’erosione, impedendo lo sviluppo delle radici. Nella stagione estiva questi suoli argillosi sono interessati da un forte disseccamento, con fessurazioni più o meno profonde, che possono generare fenomeni franosi: per questi motivi il profilo dei calanchi è in continuo mutamento.

Il panorama delle aree calanchive tuttavia trova il suo fascino proprio nell’alternanza e nel contrasto tra le aride creste argillose, gli stagni ed il fresco dei boschi. Particolarmente interessante la guglia isolata detta “Sasso della poiana”, che domina la conca dei calanchi, che deve la sua forma alla maggiore resistenza all’erosione delle rocce più superficiali, maggiormente compatte.

Da Tiola, scendendo lungo la strada per Castelletto si può godere di una eccezionale vista panoramica sui calanchi e spaziare con lo sguardo fino alla pianura e, nelle giornate limpide d’inverno, fino all’arco alpino.

 

Per Approfondire:

I fossili: il bacino dei Calanchi compreso tra Castelletto, Tiola e Maiola, è di origine pliocenica (quando l’area padana era occupata da un profondo golfo marino che lambiva i rilievi collinari in parte emersi) ed è uno dei più vasti e spettacolari dell’Emilia Romagna. Quando l’attuale posizione dei calanchi corrispondeva all’antica linea di spiaggia, nelle acque antistanti avvenne la deposizione di sedimenti costituiti da argille azzurre e sabbie. Questi sedimenti hanno inglobato una grandissima quantità di invertebrati marini, gli stessi che ancora oggi popolano il Mare Adriatico. Diverse sono le specie di invertebrati fossili rinvenute nei sedimenti depositati nei calanchi. Le più comuni appartengono a generi quali Murex, Pecten, Chlamys, Aporrhais, Ostrea, Dentalium, tutti tipici di acque poco profonde come quelle del mare che un tempo bagnava il territorio dei calanchi.

L’agricoltura: per quel che riguarda l’uso del suolo, i terreni sono mantenuti a coltura con produzioni e assetti caratteristici della collina: alberi da frutto in filare, vigneti intensivi e prati da foraggio che, periodicamente sfalciati, permettono di conservare l’attuale diversità di ambienti. Nei punti più riparati dei versanti assolati si incontrano anche sporadici esemplari di specie legate a climi più caldi come Mandorlo e Olivo residuo di coltivazioni più diffuse nei secoli passati. Nelle praterie, dominate dalle graminacee, crescono specie tipiche come salvia dei prati, centaurea, achillea millefoglie, ma fioriscono anche varie orchidee.

La flora: prati e coltivi abbandonati sono in genere progressivamente invasi da rovo, vitalba e da arbusti pionieri (tra i quali ginepro, rosa selvatica, ginestra, sanguinello, prugnolo, biancospino, olmo campestre); dapprima con individui isolati, tendono col tempo a formare arbusteti misti spesso intricati, preparando le condizioni per il ritorno del bosco: al riparo della macchia si insediano infatti giovani piante di roverella (Quercus pubescens s.l.), orniello, acero campestre e altre specie arboree che si sviluppano facendo evolvere questi cespuglieti in boschi, con caratteristiche diverse a seconda dell’esposizione del versante.

Le macchie e le fasce boscate non sono molto estese. In prevalenza si tratta di boschi cedui modellati dagli interventi dell’uomo, che nei secoli ha destinato i terreni più produttivi all’agricoltura, mantenendo lembi boscati come riserve di legname per il riscaldamento e per usi agricoli ed artiginali. I boschi si trovano in prevalenza sui versanti ripidi o esposti a nord e si interrompono in maniera anche repentina, questa volta per cause naturali, quando dai terreni marnosi si passa alle aree calanchive, dove le argille non consentono la crescita di un bosco stabile. La loro composizione è legata alle condizioni climatiche della fascia pedecollinare e risente in primo luogo della diversa esposizione dei versanti.

I pendii soleggiati ospitano boschi xerofili, cioè soggetti a periodi di aridità soprattutto nei mesi estivi, dominati dalla roverella, alla quale si accompagnano orniello o frassino minore e arbusti di diverse specie Nei cedui più sfruttati la robinia, una specie nordamericana assai invasiva, si è sostituita al querceto formando macchie anche estese.

Sui versanti ombrosi crescono boschi misti di tipo mesofilo (tipici di ambienti più umidi), caratterizzati da una maggiore umidità per tutto l’anno, dove alla roverella si uniscono carpino nero, orniello, acero opalo, nocciolo, sanguinello, fusaggine, corniolo e varie lianose.

Nella zona della frazione di Tiola le caratteristiche pedologiche e l’esposizione consentono la presenza del castagno, nonostante la moderata altitudine, che in tutto il territorio comunale di Castello di Serravalle non supera i 400 m s.l.m.