L’attuale paesaggio di Castello di Serravalle mostra significativi esempi della persistenza fino ai giorni nostri di pratiche colturali tradizionali, come la “piantata”. Questo tipo di lavorazione agricola, introdotta in epoca romana, alterna campi coltivati a cereali o foraggio a filari di viti “maritate” (legate) ad alberi. Questa tecnica richiedeva un forte impiego di manodopera manuale e quindi contribuiva ad aumentare il popolamento delle zone extra urbane del territorio.

Un altro elemento del paesaggio agrario collinare di Castello di Serravalle erano le siepi che, fino a pochi decenni fa, venivano coltivate con cura ed erano composte anche da esemplari di salice (Salix viminalis) i cui giovani rami, alla fine di ogni inverno, venivano tagliati e utilizzati per fabbricare cesti e legare le viti.

 

Per approfondire

L’agricoltura: la Collina emiliana che si affaccia sulla pianura tra i fiumi Panaro e Reno è caratterizzata da tre tipi di coltivazione: seminativi, frutteti e vigneti. Fino agli anni ’70 del secolo scorso le aziende agricole praticavano coltivazioni miste mentre la tendenza attuale vede una diminuzione e una specializzazione delle attività con divisione tra:

– aziende zootecniche con campi coltivati a foraggere e cerali

– frutticole e vinicole con frutteti di frutta rossa e vigne

– vitivinicole con vigne e cantine.

Queste coltivazione che si alternano tra di loro e con boschi e zone calanchive, sono gli elementi caratteristici del paesaggio collinare)

Il fieno: nei campi coltivati a foraggere si ottiene il fieno, base dell’alimentazione per i bovini allevati per la produzione di Parmigiano-Reggiano. Il fieno viene tagliato più volte durante l’anno, prendendo nomi diversi:

– fieno di primo taglio o maggese: raccolto tra maggio e giugno composto da piante di varietà miste – graminacee, leguminose, composite..- ad alte proprietà nutritive

– fieno di secondo taglio o agostano: composto per lo più da erba medica tagliata nel periodo della fioritura

– fieno di terzo taglio o settembrino: con qualità nutritive inferiori.)

I vini doc e i vitigni: i vini doc tipico del territorio sono il pignoletto e la barbera. Il pignoletto, ottenuto da un vitigno autoctono, è un vino bianco caratteristico, molto apprezzato sia come classico che come frizzante, mentre la barbera è un vino rosso, diverso dal più noto omonimo piemontese, che si può gustare sia fermo che frizzante. Una coltivazione quasi scomparsa ma in via di recupero, è quella dell’uva Chasselas (Saslà), un vitigno di origine francese e diffuso anche in Svizzera. Agli inizi del ‘900 la produzione di quest’uva in Valsamoggia era molto alta ma, poiché si tratta di un’uva molto delicata e poco adatta al trasporto, fu sostituita da qualità più resistenti.)