
ARCIPELAGO 2022 – SESTA EDIZIONE | INTERVISTA A AUGUSTO GADEA
Arcipelago – Nessuno è veramente un’isola è il concorso artistico riservato agli artisti non professionisti che per volere e col sostegno della famiglia Biagi, da 6 anni si tiene a Valsamoggia, in ricordo di Gustavo Biagi che del dilettantismo aveva fatto una straordinaria e libera filosofia.
Il contest ha lo scopo di valorizzare e dare spazio ad artisti emergenti e dilettanti, consentendo di esporre le proprie opere all’interno di una mostra.
La mostra con le opere dei cinque vincitori di questa sesta edizione è visitabile dal 10 settembre al 9 ottobre alla Rocca dei Bentivoglio.
Per conoscere meglio l’arcipelago artistico creato dai vincitori e dalle vincitrici di quest’anno, siamo andati ad esplorare i mondi che compongono questo insieme di isole umane.
Oggi conosciamo Augusto Gadea, nato a Montevideo nel 1989. Pittore che lavora a Bologna la cui opera si centra sul rapporto tra pittura terra e artificiale. I suoi dipinti di terra sono parte della sua ricerca da circa dieci anni.
“La parola dilettante viene da diligere, dilettare, delizia. Il dilettante è colui che fa le cose per diletto, perché gli piace, non c’è un altro motivo per cui le fa. Non le fa perché vuole primeggiare o perché vuole gareggiare, perché vuole spaccare i limiti e battere i record. Concedersi nella vita uno spazio da dilettanti, capendo che è uno spazio per il piacere, è qualcosa di fondamentale all’interno di una società che ti obbliga perennemente a gareggiare”. Questo è un piccolo intervento di Andrea Colamedici (Tlon) sulla parola dilettante. Come vivi il concetto di dilettante e cosa significa per te?
Come artista “emergente” mi trovo, come altri, a fronteggiare le difficoltà insite nel mantenere un dialogo equilibrato con la realtà dell’arte, nel continuare a vivere “per l’arte” e non solo “dell’arte”.
Come si posiziona il dilettantismo in questo scenario? Questa è un’epoca che ci spinge a ricercare rilevanza, riconoscimento e visibilità. In cui la costruzione dell’immagine personale è diventata uno strumento apparentemente imprescindibile di lavoro. L’arte come business, l’artista come manager di sé stesso. In un mondo così fatto, forse una certa “dose” di dilettantismo, un periodico tuffo a recuperare quella sensazione di libertà svincolata dall’aspetto materialistico, può farci sentire più sollevati e in grado di fare esattamente quello che crediamo di voler fare, senza tanta pressione e senso di produttività. Per mantenere vivo qualcosa che trova la sua più importante ed essenziale ragione d’essere nella sua completa inutilità.
Come ci insegna Arcipelago, nessuno è veramente un’isola. Cosa significa per te questo concetto?
Per me dipingere è un dialogo con il passato, il futuro e il presente. È pensare cosa significa, cosa porta a me e ad altri, dipingere in questo momento. È, in questo senso, un’ espansione della propria libertà personale attraverso l’atto di compiere continuamente delle scelte su cosa creare e come farlo. In questo percorso, mi è richiesta una costante dedizione per imparare e crescere, riconoscere i miei limiti, identificare come superarli. È questo un compito riflessivo, arricchente e faticoso.
Raccontaci una delle opere che troveremo esposte in mostra..
L’opera “Il segno di prometeo” è fatta con delle terre che sono andato a raccogliere nelle colline periferiche di Bologna. La tecnica come causante di tracce sul paesaggio; viene in quest’opera utilizzato il fuoco come elemento che sconvolge la terra e la trasforma in una piccola rappresentazione di paesaggio.