Arcipelago – Nessuno è veramente un’isola è il concorso artistico riservato agli artisti esordienti che, per volere e col sostegno della famiglia Biagi, da sette anni si tiene in Valsamoggia in ricordo di Gustavo Biagi. Il contest ha lo scopo di valorizzare e dare spazio ad artisti emergenti, consentendo di esporre le proprie opere all’interno di una mostra.

La mostra con le opere dei vincitori e delle vincitrici di questa settima edizione è visitabile dal 9 al 24 settembre alla Rocca dei Bentivoglio.

Scopri il progetto

Per conoscere meglio l’arcipelago artistico creato dai vincitori e dalle vincitrici di quest’anno, siamo andati ad esplorare i mondi che compongono questo insieme di isole umane.

Oggi conosciamo Carlotta De Luca, fotografa e visual merchandiser milanese.

 


 

Essere esordienti significa praticare, con qualunque tecnica e qualunque espressione, la fantasia e l’immaginazione con responsabilità, senza avere come meta o scopo unico e ultimo, il mercato. Esordire deriva dal latino “exordiri”, che in origine significava «cominciare a tessere». Quando hai cominciato, per la prima volta, “a tessere”?

Non ricordo con precisione la prima volta in cui ho cominciato a tessere, credo che per me sia sempre stata una predisposizione naturale, anche se discontinua, ha sempre seguito il ritmo degli avvenimenti della vita. Sicuramente durante il mio percorso di studi in Accademia, ho capito che per trasformare la sensibilità in qualcosa di concreto serve dedizione costante, responsabilità e consapevolezza ma anche coraggio; sapersi lasciare andare e immergersi completamente nella propria interiorità e immaginazione, continuando a coltivare il terreno fertile di cui si dispone. Per me l’atto creativo ha un ritmo completamente diverso dal ritmo del quotidiano per questo è così difficile conciliare le due cose nella vita di tutti i giorni. Questo alla lunga implica necessariamente delle scelte, forse un giorno sarò pronta a dedicarmi “solo” a questo.

 

Come ci insegna Arcipelago, nessuno è veramente un’isola. Cosa significa per te questo concetto?

Un arcipelago è un insieme di luoghi vicini con caratteristiche affini, che sono parte della stessa geografia ma che apparentemente e, sopra la superficie del mare, appaiono come isole. Per me il concetto di arcipelago ha a che fare con il senso di collettività e la connessione tra individui, con il concetto di profondità e con l’ineluttabilità. Questo significa sentire la necessità di andare oltre all’apparenza delle cose per come le conosciamo o per come le vediamo, e cercare quei “legami sotterranei” invisibili che in una certa dose definiscono le nostre vite.

 

Ci racconti una delle tue opere che vedremo in mostra?

“Inner Habits” si presenta come indagine al di sotto della superficie fotografica. Una ricerca nata da un approccio istintivo nei confronti della fotografia e dalla necessità di indagare la realtà e lo spazio che ci circondano attraverso essa: la percezione visiva, i suoi limiti e il superamento degli stessi. E’ un lavoro legato al quotidiano, si tratta di una serie di fotografie dello stesso soggetto (una finestra) scattate nell’arco di diverse settimane, lo stesso giorno e alla stessa ora circa. Ho trovato un legame con il soggetto e il lavoro è una metafora personale dell’evoluzione e del cambiamento. E’ una descrizione visiva del sentire, un processo indefinibile e in continua evoluzione; un paesaggio interiore.