Arcipelago – Nessuno è veramente un’isola è il concorso artistico riservato agli artisti esordienti che, per volere e col sostegno della famiglia Biagi, da sette anni si tiene in Valsamoggia in ricordo di Gustavo Biagi. Il contest ha lo scopo di valorizzare e dare spazio ad artisti emergenti, consentendo di esporre le proprie opere all’interno di una mostra.

La mostra con le opere dei vincitori e delle vincitrici di questa settima edizione è visitabile dal 9 al 24 settembre alla Rocca dei Bentivoglio.

Scopri il progetto

Per conoscere meglio l’arcipelago artistico creato dai vincitori e dalle vincitrici di quest’anno, siamo andati ad esplorare i mondi che compongono questo insieme di isole umane.

Oggi conosciamo Valeria Pierini, artista umbra laureata all’Università degli studi di Perugia con una tesi in psciologia culturale e storytelling.

 


 

Essere esordienti significa praticare, con qualunque tecnica e qualunque espressione, la fantasia e l’immaginazione con responsabilità, senza avere come meta o scopo unico e ultimo, il mercato. Esordire deriva dal latino “exordiri”, che in origine significava «cominciare a tessere». Quando hai cominciato, per la prima volta, “a tessere”?

Ho iniziato circa 13 anni fa, quando ho capito che praticare la fotografia in modo ‘amatoriale’ non mi bastava più. Ho piano piano acquisito la consapevolezza di seguire il mio modo di stare al mondo, il mio essere e quindi praticato una fotografia di stampo autoriale. Il mio lavoro nasce dal bisogno di approfondire una data materia, che è di volta in volta il soggetto delle mie opere, e di restituirla attraverso la mia creatività.

 

Come ci insegna Arcipelago, nessuno è veramente un’isola. Cosa significa per te questo concetto?

Per me è un concetto fondamentale perché ho sempre condiviso la mia arte con le persone: gli amici o gli assistenti e le persone con le quali mi trovavo ad interagire e che mi aiutavano, alle persone che partecipavano alle mie opere corali, fino ad arrivare all’insegnamento e alla divulgazione della fotografia che pratico da svariati anni. Ho questo pallino della condivisione e del fare rete con le persone con le quali lavoro. Anche con i collezionisti. Niente è mai una mera transazione di scambio economico ma è sempre esperienza condivisa e quindi anche divulgativa, almeno in un mondo virtuoso dovrebbe essere così. L’arte è un collante sociale e il ruolo dell’artista sincero è quello di condividere il proprio talento con gli altri che sono fondamentali elementi di una relazione virtuosa di do ut des, né solo modelli o strumenti, o finanziatori. E’ in questo modo che l’arte va tra le persone e coltiva il suo stesso pubblico, fatto anche di ‘persone comuni’. Alla luce di queste relazioni virtuose nessuno rimane ‘comune’ e nessuno è più un’isola.

 

Ci racconti una delle tue opere che vedremo in mostra?

A maggio sono stata in residenza d’artista presso L’ Officina Immagination Lab di Monteleone di Orvieto. Ho sviluppato un progetto dedicato al mare preistorico che bagnava L’Umbria dove nuotavano capodogli e balene. Imbattendomi nella frase di Melville ‘Le balene ubbidiscono a Dio’, ho pensato di dedicare una piccola serie di foto a questi animali e di realizzarla attraverso questa tecnica di colorazione manuale, stampa, scansione ed editing che sto sperimentando da un po’. Con questo procedimento le immagini che produco sono troppo definite per essere disegni e troppo rarefatte per essere fotografie. La passione per il mare e i cetacei me la porto dietro sin da bambina quindi ho pensato, non solo di inserirle in questo progetto, ma di dedicargli un libro d’artista in tiratura limitata che è attualmente in fase di realizzazione.