Arcipelago – Nessuno è veramente un’isola è il concorso artistico riservato agli artisti esordienti che, per volere e col sostegno della famiglia Biagi, da sette anni si tiene in Valsamoggia in ricordo di Gustavo Biagi. Il contest ha lo scopo di valorizzare e dare spazio ad artisti emergenti, consentendo di esporre le proprie opere all’interno di una mostra.

La mostra con le opere dei vincitori e delle vincitrici di questa ottava edizione è visitabile dal 7 al 22 settembre 2024 alla Rocca dei Bentivoglio.

Scopri il progetto

Per conoscere meglio l’arcipelago artistico creato dai vincitori e dalle vincitrici di quest’anno, siamo andati ad esplorare i mondi che compongono questo insieme di isole umane.

Oggi conosciamo Maria Sky che si concentra sui concetti di spazio e libertà, nonché sul rapporto tra natura e umanità. I suoi interessi principali includono lo sviluppo di progetti interattivi e la ricerca sullo spazio come mezzo artistico, materia viva e co-creatore dell’artista. Tende sempre a catturare e mostrare l’invisibile, a liberare delicatamente gli oggetti della sua ricerca dai limiti esistenti.

 


 

Essere esordienti significa praticare, con qualunque tecnica e qualunque espressione, la fantasia e l’immaginazione con responsabilità, senza avere come meta o scopo unico e ultimo, il mercato. Esordire deriva dal latino “exordiri”, che in origine significava «cominciare a tessere». Quando hai cominciato, per la prima volta, “a tessere”?

Quando avevo circa 7 anni e frequentavo la Scuola Musicale Professionale Gnessin, avevamo una materia chiamata “Ascolto della musica”. L’obiettivo principale era insegnarci a vedere la musica, a sentirla come le immagini, i colori, le strutture, a percepire le sue forme fisiche.

Ripensando alla domanda “Quando avete cominciato, per la prima volta, a tessere?”, credo che sia successo proprio durante quelle lezioni, quando, ascoltando la musica, cercavo di catturarne l’aspetto fisico ed emozionale attraverso il disegno, armata di album e matite colorate. È lì che ho iniziato a “tessere” per la prima volta. Queste lezioni hanno sicuramente contribuito a risvegliare in me la sinestesia e il desiderio di esprimermi in modo multimediale, aspetti che mi caratterizzano molto oggi.

Un’esperienza più consapevole è arrivata durante il mio primo anno degli studi all’Accademia. Sono sempre stata attratta dalla fotografia, ma a causa delle mie scarse conoscenze teoriche, non capivo ancora che potesse essere non solo un hobby o qualcosa legato alla documentazione e alla moda, ma un vero e proprio mezzo artistico.

Grazie al corso di fotografia con Luciano Leonotti e al rapporto con il mio futuro primo collezionista, ho completamente rivisto il mio approccio a questo medium e ho iniziato a sviluppare il mio primo progetto artistico serio: I have to find my freedom in mortification. Si trattava di una serie fotografica sulle libertà sempre più limitate (in tutte le sue accezioni) delle donne russe. Creando ritratti intimi di queste donne, ho scoperto inaspettatamente che si trattava di un’esperienza incredibilmente multimediale, che superava i confini di qualsiasi singolo materiale. È stato in quel momento che ho capito di voler essere libera da quei limiti anche in futuro. Che io sono un’artista eclettica, o meglio, caotica (anche se questa formulazione della mia autodeterminazione è arrivata più tardi).

 

Come ci insegna Arcipelago, nessuno è veramente un’isola. Cosa significa per te questo concetto?

Il mondo dell’arte è molto piccolo. Oggi questo è più evidente e facile da vedere che mai. Visitando la pagina social di un artista, una galleria o un curatore, scopri subito decine di conoscenze comuni. Siamo tutti connessi, anche senza conoscerci personalmente, e facciamo parte di un grande organismo – o di un arcipelago. Ogni passo, ogni visione che sorge nella nostra mente si basa su ciò che già conosciamo, su ciò che abbiamo già visto, ponendoci così su un ponte inseparabile con i creatori del passato. Ogni nostra creazione diventa un mattone dello stesso ponte per i creatori del futuro. Ogni nostra immagine pubblicata, ogni testo pubblicato diventa il nutrimento per numerosi strumenti di intelligenza artificiale, che, come molecole d’acqua, penetrano ormai in quasi ogni sfera della nostra vita. Questo ci connette con ancora più persone, anche oltre i confini del nostro “arcipelago”.

 

Ci racconti una delle tue opere che vedremo in mostra?

La scultura “Spazio addormentato” (2024) è nata dalla sperimentazione sulla creazione di carta dalle piante, un progetto che ho iniziato a Romashkovo, in Russia, nel settembre 2022 e che ho proseguito al Domaine de Boisbuchet nel marzo 2024. Nel processo creativo vengono spesso utilizzati materiali dannosi per l’ambiente, come solventi, siliconi e plastiche, e credo che questo sia un ambito in cui è necessario apportare dei cambiamenti. Durante i miei esperimenti, ho scoperto che i semi di tifa sono un materiale composto interamente da cellulosa e pronto per essere utilizzato senza ulteriori lavorazioni.

Nel 2023 intendevo sbiancare la materia prima raccolta nell’autunno 2022 con un rimedio naturale (acqua ossigenata) e, dopo 10-14 giorni, con mia grande sorpresa, ho trovato tantissimi germogli. Per me è stata quasi una meraviglia, non mi aspettavo nulla di simile. Sono rimasta profondamente colpita dalla voglia per la vita di questi semi.

Nella primavera del 2024 ho continuato le prove con i semi trovati in Nuova Aquitania, al Domaine de Boisbuchet, e ne ho raccolto un po’ da portare con me. Da qui è nata la scultura Spazio Addormentato, fatta di argilla cruda e migliaia di questi semi dormienti. Se un giorno l’opera sarà immersa nell’acqua, potrebbe dare vita a boschetti di tifa, le cui radici purificano l’acqua, le cui foglie forniscono cibo e rifugio ai piccoli animali, e i cui steli e semi diventano materiale per nuove opere d’arte.

Durante la raccolta della materia prima, ho cercato di farlo in modo da non arrecare danni all’ecosistema da cui proviene. Ho quindi prelevato solo una piccola parte (meno del 10%) dei semi esistenti, lasciando gli altri nella natura affinché potessero continuare la loro vita come se il mio progetto non esistesse.