Intervista a cura di Asia Ugolini e Luca Vanelli

 

Per alcuni insegnante appassionato, per altri pittore congestionato, Palladini non ha mai smesso di osservare, analizzare, scomporre e ricomporre tutto ciò che lo circonda.

Dal suo vasto repertorio sono state selezionate le opere dove le architetture scompaiono dal nostro modo razionale di vederle e si presentano in un modo tutto nuovo e immaginifico. L’esposizione, alla Rocca dei Bentivoglio dal 18 maggio al 28 luglio 2024, parte dalle prime ricerche architettoniche di Palladini e sfocia in grandi e piccole pitture tutte particolari. 

Paesaggi metafisici, ideali e scenografici dove si instaura un dialogo tra reale e metafisico, architettura e natura, colore e disegno. Palladini porta avanti la volontà di progettare mondi in cui ci si può abbandonare e perdersi, ma anche farsi cullare e travolgere fino a viverci con gioia e ironia.

 

Alessandro, hai avuto molte vite in una sola e siamo curiosi di conoscerle un po’ meglio: insegnante, architetto, pittore.. andiamo con ordine, partiamo dalla prima.
Ho insegnato all’istituto tecnico di Vignola, di Modena e al liceo scientifico di Pavullo. Mi sono trovato nelle condizioni ideali per pitturare. Poco tempo fa un ex allievo mi è venuto a trovare e mi ha raccontato con emozione la memoria del concetto relativo alla tolleranza nel disegno tecnico, che per vocazione cerca di essere preciso e perfetto ma in pratica ha anche bisogno di accettare il concetto elementare di approssimazione, un margine di errore deve essere consentito anche nei disegni più pignoli e precisi.

 

A proposito di margini di errore, anche nell’architettura c’è spazio per l’errore?
Mi sono iscritto ad architettura proprio per amore del disegno che è una disciplina dove non si finisce mai di imparare. Mi sono reso conto che a scuola, nel clima del 1968, andava di moda volare molto in alto ma in pratica prevaleva la tendenza ad aumentare la confusione delle idee, dalla geometria proiettiva alla descrittiva e alle applicazioni ai temi particolari la strada prevalente che ho trovato poteva confondere le idee invece che chiarirle.

 

I disegni della tesi di laurea sono fra i protagonisti della mostra, cosa ci dice di queste opere?
Nella tesi di laurea era mia intenzione progettare una esposizione sotterranea di disegni e di quadri permanente, quasi avessi paura di coinvolgere troppo l’impegno degli addetti ai lavori, senza scritte né spiegazioni soltanto dei disegni in mezzo a monti verdini che sono il commento più chiaro al mio amore per il paesaggio. Illuminata attraverso dei lucernai non apparivano né strade di accesso e la viabilità era inesistente. In particolare c’è un disegno in cui i lucernai assumono l’aspetto di lettere maiuscole ingigantite di V W M A I, suggestioni di una scultura in bronzo presentata alla biennale del 1969 da uno scultore inglese.

 

Siamo arrivati alla terza vita e non ce ne siamo neanche accorti. Come si racconta l’Alessandro Palladini pittore?
Ho sempre cercato di sviluppare una mentalità di coerenza e non di contraddizione, introducendo la dimensione dei quadri in una visione unitaria senza forzatura e pretendere velleitariamente di scavalcare tutti i problemi.

Molti quadri e disegni che ho fatto nel tempo sono ispirati all’appennino dove sono nato, con una libertà che l’architettura non consente in quanto, senza preavviso spesso nella composizione generale prevalgono salti di dimensione.

Il rispetto della prospettiva può essere facilmente scambiato per una fuga o una evasione dalla realtà troppo spesso esageratamente anedottica.

Il quadro nasce dai confini della sua geometria, diagonali e frammentazioni del segno spesso perduto e poi ritrovato, che hanno la funzione nei casi peggiori di creare una confusione sterile, nei casi migliori di contribuire a trasmettere un sentimento di libertà.

 

L’opera in mostra “Babilonia” è stata fatta sui tavoli dello IUAV (Istituto Universitario Architettura Venezia).. ma come ha recuperato questi tavoli?  E perché proprio quei tavoli?
Io prediligo il supporto di legno rigido anziché la tela perché il solo pensiero che la matita o il pennello incontri un cambiamento di tensione superficiale del piano di lavoro, mi mette in confusione. Amo anche un materiale che non sia perfetto e dai difetti preesistenti possono nascere delle idee.

Dopo essermi laureato all’Università di Venezia ho comprato e caricato su un treno marci diretto a Modena molti tavoli dell’università che sarebbero andati perduti: pannelli 75 x 120 cm di compensato tamburato e listellato nel perimetro con faggio evaporato.

Pitturare è una attività che serve per curare le ferite della superficie inferte dall’ingiuria del tempo e in questi tavoli il contributo preesistente di disegni e colori, bestemmie e altre scritte, possono diventare fonte di ispirazione.

 

Guardando alcune opere in mostra abbiamo notato che ci sono spesso personaggi e dei visi. Chi sono? Rappresentano qualcuno o qualcosa in particolare?
Andando avanti con l’età mi sono reso conto di essere poco attento al rispetto delle fisionomie, ho cercato di esercitarmi sulle persone della mia famiglia a cui ho fatto i ritratti. I personaggi ricorrenti si ritrovano ovunque, nelle fotografie o nelle stampe, sui giornali e nelle riviste quando meno uno se lo aspetta. Alcuni si ripetono in maniera quasi ossessiva.

 

C’è un criterio con cui scegli i titoli delle opere?
I titoli li scelgo ispirandomi al quadro. “I quadri non finiscono mai” è un titolo che si presta a una doppia interpretazione, non finiscono mai perché non accontentano le aspettative dell’osservatore oppure perché la perfezione è tipica soltanto dei geni e in giro ce ne sono pochissimi. Il titolo della mostra, invece, ricalca il titolo di un quadro, ma in questo caso si riferisce a una canzone di Paolo Conte, Il Mastro del 1990.

 


Accesso

La mostra “Dove spariscono i paesi e le città” è visitabile dal 18 maggio al 28 luglio 2024 nei giorni di apertura del Museo Civico Arsenio Crespellani

> dal martedì al venerdì dalle 15:00 alle 19:00

> sabato, domenica e festivi: periodo estivo (aprile/ottobre) dalle 10 alle 19, periodo invernale (novembre/marzo) dalle 10 alle 18