In occasione della Giornata della Memoria, ripercorriamo le vicende dei 60 ebrei internati tra il 1942 e 1943, nella casa colonica della campagna bazzanese.

A cura di Aurelia Casagrande


 All’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 alcune disposizioni date dal governo prevedevano che, per motivi di sicurezza, gli ebrei fossero internati, ossia relegati per forza in località sottoposte a stretta vigilanza. Queste disposizioni vennero emanate anche in Libia, allora colonia italiana, dove vivevano ebrei titolari di cittadinanza francese, tunisina, marocchina e inglese. Non tutti, però, furono internati per la mancanza, da parte del governo, di mezzi finanziari e di attrezzature adatte per allestire i campi. Così nel 1941 il nuovo governatore della Libia, Ettore Bastico, decise di evacuare dal Paese tutti i cittadini greci, anglo-maltesi, inglesi ‒ dei quali circa 300 ebrei ‒ quali sudditi nemici.

Ai primi di gennaio del 1942 il governo italiano accettò di internare in Italia alcune centinaia di cittadini stranieri e buona parte dei sudditi inglesi di “razza ebraica” provenienti dalla Libia. I deportati (non solo gli ebrei anglo-libici), arrivati a varie ondate, furono destinati ai campi e ai luoghi di internamento allestiti in varie zone d’Italia.

La detenzione venne attuata secondo due modalità: l’“internamento libero”, ossia l’obbligo di residenza “controllata” in determinate località, o la relegazione in “campi di concentramento”, ossia l’obbligo di risiedere in apposite strutture in stato di prigionia.

A Bazzano, sul fondo denominato “Bagantona”, sorge tuttora una casa colonica, un tempo isolata nella campagna, in cui tra l’aprile 1942 e la fine del settembre 1943 vennero internati a più riprese 58 ebrei di nazionalità inglese, di età compresa tra 1 e 72 anni, deportati dalla Libia e precisamente da Barca, Bengasi e Tripoli. Prima di giungere a Bazzano alcune di queste persone erano già state internate nel campo di Civitella del Tronto (TE), altre in quello di Bagno a Ripoli (FI), altre in quello di Castelnuovo ne’ Monti (RE), altre in quello di Camugnano (BO).

Durante la permanenza a Bazzano il numero degli ebrei aumentò per la nascita di due bambini: Sasi e Moris.

Dalla ricostruzione operata attraverso gli atti conservati nell’Archivio comunale si evince che queste 60 persone appartenevano a 9 nuclei familiari, alcuni dei quali imparentati tra loro: i Benjamin, i Cohen, i Labi, i Reginiano.

Presso la casa colonica di Bazzano, dove vissero stipate e in condizioni igieniche non certo ottimali, queste persone trascorsero diversi mesi in “internamento libero”, con l’obbligo di chiedere permessi per fare qualunque cosa. Nonostante i rigorosi controlli e i numerosi divieti, le autorità locali assecondarono sempre le richieste degli internati, quando si trattava di agevolarne le pratiche religiose. E infatti quando fu necessario provvedere alla circoncisione dei due bambini nati in loco, il podestà permise l’arrivo a Bazzano del rabbino di Bologna. Allo stesso modo, in occasione della Pasqua ebraica, vennero forniti agli internati gli ovini da macellare secondo la loro usanza.

Agli ebrei fu inoltre permesso di allontanarsi dalla “Bagantona” per andare a lavorare in paese. Alcuni di loro, infatti, debitamente segnalati alla Questura e sorvegliati, vennero autorizzati a lavorare chi presso la segheria di Bazzano, chi presso un elettricista, chi nello stabilimento per la lavorazione della frutta, mentre il Comune, per conto del Ministero dell’Interno, corrispondeva a ciascuna famiglia un modestissimo sussidio giornaliero per garantirne la sopravvivenza.

La Questura, dal canto suo, non smetteva di richiamare le autorità locali, perché limitassero “agli ebrei inglesi internati a Bazzano la libertà al fine di evitare molestie alla popolazione civile e rendere più efficace il controllo su tali elementi ritenuti anche responsabili dei frequenti furti campestri che da tempo si verificano nella zona”.

L’esistenza limitata, controllata e fatta di stenti di questi ebrei fu però rallegrata, oltre che dalle nascite, di cui s’è detto, anche dal matrimonio di due giovani internati alla Bagantona: Vittorio e Pia Labi.

La cittadinanza bazzanese, che si era in qualche modo abituata alla presenza di queste persone, all’improvviso non solo non le vide più, ma non seppe neppure più nulla di loro.

La notte del primo novembre 1943 gli ebrei “bazzanesi” erano stati infatti caricati su un unico vagone, agganciato a un treno in partenza dalla stazione di Bologna, e trasferiti nel campo di detenzione di Reichenau (Innsbruck, Austria), dove avrebbero dovuto fare una tragica fine.

Fortunatamente questi ebrei libici con passaporto inglese nell’aprile del 1944 furono trasferiti nel campo di Vittel, nel nord della Francia, in attesa di essere liberati in cambio di tedeschi prigionieri degli alleati, cosa che infatti avvenne. Inaspettatamente, dunque, gli ebrei della Bagantona riuscirono in tal modo a salvarsi tutti e a fare ritorno nei paesi d’origine; tutti tranne uno, morto congelato a Reichenau per aver subito getti d’acqua fredda.

Dopo quasi 70 anni il Comune di Bazzano ha rintracciato Abraham Herzl Reginiano, uno degli ebrei vissuti alla Bagantona, e nel 2011 lo ha invitato a tornare, per conferirgli la cittadinanza onoraria. Ed Herzl, che in quella casa ai margini del paese era vissuto quando aveva 8 anni, là è voluto ritornare, per rivedere quel luogo, che gli è impossibile dimenticare.

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