Quattro chiacchiere con…Enrico Masi e Valerio Betti, per Documentari KM Zero
Giovedì e venerdì si terranno gli ultimi due appuntamenti della rassegna Documentari KM Zero, a cura di COB social innovation e Caucaso Factory.
In vista della serata finale, che si terrà presso la Rocca dei Bentivoglio, abbiamo intervistato i due volti della rassegna, Enrico Masi, di Caucaso Factory, e Valerio Betti, di COB.
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Enrico, Valerio, conosciamoci meglio…
Chi siete e cosa fate?
Enrico: Sono un musicista. Ho vissuto in tante città, ma sono sempre ritornato in questa valle per fare qualcosa, per rivedere i miei nonni e la mia famiglia. Vito Teti dice che gli spaesati sono quelli che sono rimasti. Lavoro per il cinema, per la rivoluzione culturale, da quando ho memoria faccio questo. Non è una questione di cinismo o disillusione, piuttosto di salute.
Valerio: Sono un “ragazzo” di 34 anni che ha girato il mondo ma nato e cresciuto in Valsamoggia, a Crespellano a dire il vero. Lavoro con le persone e le organizzazioni per aiutarle a migliorare e poi mi appassiona tutto ciò che è innovazione sociale, ovvero tutto ciò che può portare un impatto positivo sulla società.
Un libro, un film e un disco che vorreste trovare in tutte le biblioteche e mediateche?
Enrico: Fiorirà l’aspidistra di Orwell, L’ultima corvè di Hal Ashby, Anima Latina di Battisti. Ma proprio per essere generosi nella sintesi.
Valerio: Sono più commerciale 😉 L’uomo dei dadi di Luke Rhinehart, RadioFreccia, un bel disco di DJ Ralf 😉
Parliamo della rassegna…
Come nasce l’incontro tra COB|OGGI e Caucaso Factory e come si è sviluppata l’idea di Documentari a KM0?
Enrico: Conosco Valerio, Valentina e Marco da circa 20 anni. Allo stesso tempo questa è la prima collaborazione ufficiale, nata con i tempi giusti, incontro dopo incontro, mese dopo mese. Questi progetti hanno bisogno di tempo. Così anche Documentari KM0, un’idea che si è sviluppata passo dopo passo, fino a raggiungere un suo carattere, da un lato aperto e sensibile, dall’altro sempre più preciso e originale. Ma non ci fermeremo qui, se le condizioni lo permetteranno, continueremo a crescere, non in senso di volume, ma qualitativamente.
Valerio: Concordo con Enrico e aggiungo che l’incontro nasce dalla voglia di creare un momento di qualità e semplicità, cose che spesso nella “corsa” quotidiana dimentichiamo.
La rassegna propone per il secondo anno una formula semplice: il racconto dei territori. Quali scopriremo quest’anno?
Ritorneremo nelle Alpi lombarde, dove eravamo già stati. Scopriremo il sud della Basilicata, Parigi, la Bolognina, la Valle d’Aosta, la Dalmazia. Ritorneremo anche nel nostro territorio con un nuovo lavoro del Teatro delle Ariette e nell’Appennino bolognese con il Monte delle Formiche. Parleremo di abbandono e spopolamento e di avvicinamento delle nuove generazioni alla narrazione cinematografica.
C’è qualcosa che accomuna Valsamoggia ai luoghi raccontati nella rassegna?
A livello universale credo che ogni luogo della terra sia connesso con gli altri, e non lo dico per semplificare, ma per una sensazione che ho provato nei viaggi che ho compiuto soprattutto in America, in Europa e nel vicino Oriente. Di fatto alcune dinamiche di spopolamento appenninico, così come dei tentativi, a volte goffi, di rivitalizzare gli stessi territori. Ricordiamo che la Valsamoggia è un angolo estremo dello Stato Pontificio, lavoreremo anche su questo nella prossima edizione.
Cosa c’è di nuovo o di diverso rispetto alla prima edizione?
Alcune cose, nel delicato equilibrio tra innovazione e consolidamento della tradizione. Sicuramente il lancio avvenuto a Kinodromo in anticipo e fuori programma, che ci è sembrato molto utile per coinvolgere il pubblico di Bologna. Oltre a questo l’espansione alla Rocca dei Bentivoglio dell’ultima serata e aggiungerei un’attenzione particolare alla presentazione di progetti, e non soltanto di film ultimati e compiuti.
OGGI è la casa dell’innovazione di Valsamoggia. Nell’epoca di Netflix, della tv on-demand, dello streaming è ancora importante incontrarsi per condividere la visione di un film?
Enrico: Non conosco Netflix, non l’ho mai usato, vedo i film al cinema, o al massimo, raramente in Dvd, con molta attenzione. Credo molto nella storia del cinema e nella condivisione della sala, del cineforum, della visione collettiva, dell’incontro con gli autori, dell’approfondimento. Ritengo che un oggetto, una manifestazione come questa, rappresenti un importante strumento politico e sociale. Tutto sta nella capacità di porsi, nella consapevolezza del proprio destino, e della propria missione individuale in relazione agli altri.
Valerio: In tutte le esperienze l’essere umano ad un certo punto ha bisogno di condividere, di approfondire e di vivere un momento assieme ad altri. Quindi benissimo Netflix (La casa de papel ultimamente mi ha preso tantissimo ;), ma ogni tanto vediamoci anche di persona per condividere insieme un film, parlare e bere un bel bicchiere di vino.
La serata finale