Dal libro al film

…che in realtà è una serie tv, preceduta da un videogioco…

 

Le vicende del libro o meglio, del ciclo di romanzi,  di cui parliamo oggi sono un esempio dell’importanza che un media moderno – ma ormai fondamentale anche per il mondo della cultura – come il videogioco costituisce nel promuovere e decretare la fortuna di una storia nata sulla carta stampata.

Partiamo dal 1985, quando uno sconosciuto amatore di narrativa fantasy decide di partecipare per la prima volta a un concorso letterario indetto da una rivista specializzata.  Dopo gli studi universitari in economia ha trovato impiego in una società come responsabile del settore vendite, ma i suoi miti sono scrittori come J.R.R. Tolkien, Ursula K. Le Guin, Michael Moorcock, Marion Zimmer Bradley e anche esponenti del noir come Raymond Chandler. Il racconto presentato si classifica terzo e il suo protagonista riscuote un immediato apprezzamento di pubblico e critica, cosa che spinge l’autore a scriverne di nuovi con la stessa ambientazione. Il successo è costante e dai racconti si passa a un vero ciclo di romanzi tradotti e conosciuti a livello internazionale.

Date le premesse, sembra di parlare degli esordi di qualche famoso scrittore americano, ma non è così. Si tratta, è vero, di qualcuno che ha conquistato una solida fama tra gli appassionati di storie fantastiche, grazie soprattutto alla sua particolare re-interpretazione dei canoni classici di questo genere narrativo. Un approccio originale dovuto probabilmente al suo background culturale: quello dell’Europa dell’Est.

 

Il nostro scrittore è il polacco Andrzej Sapkowski, creatore della saga del cacciatore di mostri Geralt di Rivia, meglio noto come The Witcher.

La storia si svolge in un mondo medievale non ben definito, diviso tra regni e principati spesso in lotta tra loro. Accanto agli umani, la razza dominante, convivono anche elfi, nani, gnomi, molti esseri mitologici e soprattutto un variegato bestiario di mostri e creature pericolose. Per difendersi da queste minacce che infestano i territori, anticamente è stato fondato un ordine di cacciatori di mostri, gli Strighi (traduzione italiana della versione internazionale inglese Witcher, che a sua volta è una traduzione del termine originale polacco Wiedzmin). Essi sono guerrieri duramente addestrati fin da bambini al combattimento e che, per essere in grado di sostenere il confronto con esseri soprannaturali, sono stati modificati nel fisico e nella psiche con elisir e rituali magici. Come risultato diventano combattenti letali, dotati di abilità fisiche sovrumane così come di rudimentali ma efficaci poteri magici.

La trasformazione ha però  pesanti effetti collaterali: oltre alla comparsa di tratti somatici particolari, come l’albinismo o l’aspetto delle pupille somigliante a quello dei predatori, gli Strighi generano una sorta di aura sinistra che li accompagna sempre e la loro personalità è tipicamente fredda e quasi priva di sentimenti. Per queste ragioni, conducono una vita nomade e solitaria, alla ricerca di prede da abbattere su compenso, in modo simile a quello dei cacciatori di taglie del vecchio West. Sono ricercati e allo stesso tempo disprezzati dalle popolazioni cui vanno in soccorso, perché gli esseri umani sono intimoriti dalle loro abilità e dal loro aspetto inquietante.

Da questi primi elementi si possono già intuire alcuni caratteri generali di questa narrazione.

Si tratta di un fantasy, ma più nello specifico si può parlare di un suo sottogenere: il Dark Fantasy, spesso connotato da un’atmosfera cupa, dal taglio quasi horror di certe situazioni, dalla presenza di un anti-eroe e dalla generale ambiguità morale del contesto. Geralt, il personaggio principale, è in effetti la personificazione del lupo solitario e non a caso il segno distintivo dell’ordine è un medaglione con l’effigie di una testa di lupo. Disincantato, cinico, a tratti persino  gelido, è però anche dotato di un codice morale personale, a cui cerca di ricorrere in situazioni difficili e che prevede atti di sorprendente altruismo. Per questo ricorda moltissimo altre figure classiche della narrativa noir o hard-boiled, come il detective Philip Marlowe, che per ammissione stessa di Sapkowski è stato una delle ispirazioni per il suo personaggio.

Philip Marlowe interpretato da Humphray Bogart

L’altra caratteristica saliente sta proprio nello stile dell’autore. Sapkowski, a differenza di altri scrittori fantasy noti per il meticoloso lavoro di costruzione di mondi alternativi (il cosiddetto world-building), non insiste sulle descrizioni dettagliate: per esempio, non abbiamo mappe del continente dove si svolge la storia e, mentre vengono menzionati molti tipi di mostri come se il lettore li conoscesse già, solo quelli che agiscono direttamente ci vengono descritti con cura. Questa indeterminatezza – unita a storie che riprendono spesso volutamente certe trame delle favole classiche, allo scopo di rivisitarle in chiave cupa e gotica – contribuisce a ottenere un’atmosfera fiabesca e sospesa, anche se tetra.

Per contrasto le interazioni tra i personaggi, che costituiscono la parte più pregnante della narrazione, sono scandite da dialoghi incisivi, contraddistinti da ironia e humor nero, o da scene di azione dal ritmo serrato.  Tutte queste qualità, unite a riferimenti linguistici e mitologici tipici dell’Europa dell’Est – in particolare della Polonia – che aggiungono un tocco di esoticità perché inconsueti nelle ambientazioni fantasy pre-esistenti, definiscono le ragioni della riuscita di The Witcher nel campo della narrativa di genere.

Come anticipato,  parlare del successo di questa ambientazione significa seguirne il percorso attraverso i media moderni, che qui hanno avuto una parte cruciale.  Se fino ai primi anni del 2000 le avventure di Geralt di Rivia avevano appassionato principalmente i lettori polacchi, tutto cambia a partire dal 2007. In quell’anno la software house polacca CD Projekt Red commercializza il  videogioco ispirato allo strigo e intitolato appunto The Witcher.

Con la sua struttura di un gioco di ruolo d’azione, che si adatta perfettamente a un personaggio la cui ragion d’essere è portare a termine quests, affrontando combattimenti ma anche compiendo scelte morali che hanno un effetto sullo svolgersi dell’avventura, la grafica accattivante e un grande scenario dettagliato ed esplorabile che garantisce ore di esperienza immersiva,  The Witcher va a ruba. Negli anni successivi escono altri due seguiti, The Witcher 2: Assassins of Kings nel 2011 e The Witcher 3: Wild Hunt nel 2015, per un totale di oltre 50 milioni di copie vendute.

Questa fortuna genera un volano che spinge altri prodotti collegati al videogioco, come alcune serie di fumetti, ma contemporaneamente contribuisce alla diffusione dei romanzi originali che vengono tradotti massicciamente all’estero. A proposito di videogiochi, vale la pena notare come l’autore in origine non considerasse particolarmente l’affermazione di questo progetto (forse per la sua inesperienza del settore), tanto da aver venduto alla software house i diritti della sua opera per una cifra di soli 9.500 dollari circa, e senza royalties sui guadagni futuri!

 

Come si è detto però, la grande popolarità a livello globale del videogioco è ben presto destinata a portare ancora di più alla ribalta la creazione di Sapkowski.

Nel 2017 Netflix inizia la produzione di una serie televisiva tratta direttamente dai romanzi (e non come per i videogiochi, basata su una linea narrativa separata e indipendente). A dire il vero un tentativo di portare sugli schermi The Witcher era già stato tentato in Polonia nel 2001, con un film e una serie televisiva chiamati The Hexer, ma con risultati totalmente deludenti.  Nella nuova versione ad impersonare Geralt è Henry Cavill, l’attore britannico noto per l’interpretazione di Superman nei blockbusters dei supereroi DC.

Nota di colore: pare che Cavill, fans sfegatato del videogioco e negli ultimi tempi sempre più icona nerd, abbia insistito moltissimo per ottenere la parte.

La serie viene girata in Ungheria, per catturare l’atmosfera da Europa Orientale tipica della storia, ed è trasmessa da Netflix nel 2019.  Ottiene giudizi non sempre lusinghieri dalla critica ma una risposta calorosa da parte del pubblico, tanto che viene prevista una seconda stagione e ben due prequel. Volendone dare un giudizio conciso, si nota come la produzione abbia tenuto conto delle aspettative dei fans, la cui base è divisa in due parti non sempre sovrapponibili: quella degli amanti dei libri e quella dei videogiochi e del background da essi generato. Si è cercato quindi un equilibrio tra le due istanze, con una sceneggiatura che ricalca con una certa fedeltà la trama dei libri ma che cerca anche di citare l’azione e il taglio visivo presenti nel videogioco.

Il risultato finale è tutto sommato positivo, consacrando The Witcher come la fiction fantasy del momento e costituendo un buon esempio di come una storia accattivante possa essere valorizzata e svilupparsi attraverso i diversi media nei quali si incarna.

 

 


L’articolo vi ha interessato?

Ecco dove potete trovare i libri di The Witcher:

  • Il guardiano degli innocenti, Andrzej Sapkowski – Biblioteca di Castello di Serravalle e di Savigno
  • La spada del destino, Andrzej Sapkowski, – Biblioteca di Castello di Serravalle e di Savigno
  • La signora del lago, Andrzej Sapkowski, – Biblioteca di Savigno

 

Inoltre ti potrebbero interessare…