Un saluto a Luis Sepùlveda, uno scrittore ai confini del mondo
Ci ha lasciati Luis Sepulveda, scrittore e poeta cileno amato da grandi e piccini. Le Biblioteche di Valsamoggia vogliono ricordarlo con un piccolo approfondimento sulle sue opere destinate ai più piccoli.
Già nel mese di febbraio la notizia della malattia dello scrittore Luis Sepulveda, uno dei primi “famosi” ad essere stato contagiato dal virus, aveva destato preoccupazione nei suoi affezionati lettori. La conferma, poi, della sua morte, giovedì scorso, ci ha scosso e lasciato con l’amaro in bocca.
Per noi bibliotecari, che con i libri lavoriamo tutti i giorni, il rapporto con gli scrittori è qualcosa di speciale: spesso succede di considerarli stretti conoscenti soltanto perché ne abbiamo letto gli scritti, o in base alle “recensioni” positive di voi utenti. Per questo, quando uno di loro viene a mancare, per giunta ancora giovane e nel pieno della sua produzione, per noi è sempre un duro colpo. Ci sembra di aver perso un amico, anche se magari – per questioni di tempo, impegni, o perché semplicemente pensavamo di poterlo fare in futuro – abbiamo letto soltanto una parte delle sue opere.
Per questo oggi vogliamo rivolgere un piccolo pensiero a Luis Sepùlveda, ripercorrendo varie storie, la sua personale e quelle, bellissime, che ci ha lasciato. Un articoletto scritto in fretta, a quattro mani, che speriamo però vi possa piacere. Noi ci abbiamo messo il cuore.
A volte pensiamo che le nostre vite siano segnate da un destino preciso. Che sia possibile distinguere quel filo invisibile fatto di esperienze e vicissitudini che forma il nocciolo dell’esistenza di un uomo o di una donna e ne definisce il significato.
E’ una riflessione che facciamo istintivamente, magari con superficialità, quando qualcuno che conosciamo ci lascia per sempre. A volte scopriamo che per alcuni questo giudizio è assolutamente valido, perché si tratta di persone che hanno vissuto tutta la loro vita seguendo con coerenza precisi ideali, conferendo al proprio percorso un tratto inconfondibile.
E’ il caso di Luis Sepùlveda e basta riportare alcune notizie della sua biografia per dimostrarlo.
Cileno di origini andaluse – il nonno era un anarchico scampato in Sudamerica per evitare una condanna a morte – nasce nel 1949 in una camera d’albergo della città di Ovalle, perché i genitori stavano fuggendo per una denuncia per motivi politici.
Inizia da giovanissimo a scrivere e a occuparsi di giornalismo, militando contemporaneamente nel partito comunista. Come si vede, fin dal principio la sua vita è fortemente influenzata dalla letteratura e dall’impegno politico, uniti a uno spirito curioso e intraprendente che non lo lasceranno mai.
Studia drammaturgia a Mosca, milita nell’Esercito di Liberazione in Bolivia, poi è la volta dell’avventura con Salvador Allende: si iscrive al partito socialista ed entra a far parte della guardia personale del presidente. Per lo scrittore gli anni del Governo Popolare sono felici e indimenticabili, all’insegna di una gioventù vissuta con passione e anticonformismo. Ma nel 1973 arriva la dittatura di Pinochet, e con essa la prigionia e le torture. Grazie alla sua fama di scrittore e alle pressioni internazionali, tra cui quelle di Amnesty International, Sepùlveda riesce a ottenere la libertà, ma invece di volare in Svezia dove gli è stata promessa una cattedra universitaria scappa in Brasile, poi in Paraguay, per stabilirsi infine in Ecuador. In seguito partecipa a una spedizione dell’UNESCO in Amazzonia per studiare l’impatto della civiltà sugli indios Shuar. Da questa esperienza durata molti mesi trae ispirazione per il suo primo romanzo di successo: Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, che sarà pubblicato in Spagna solo più tardi, nel 1989. Dopo l’Amazzonia si unisce alla lotta rivoluzionaria in Nicaragua. A vittoria avvenuta, ricomincia l’attività giornalistica e si trasferisce in Europa, vivendo negli anni successivi tra Germania, Francia e Spagna.
Sono gli anni in cui si afferma come scrittore internazionale, con opere come Il mondo alla fine del mondo (1991), Un nome da torero (1994), La frontiera scomparsa (1994), Patagonia Express (1995) e Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (1996), che inaugura il fortunato filone delle fiabe. Dal 1982 si era dedicato all’impegno ambientalista partecipando attivamente alle azioni di Greenpeace.
Come si vede, Luis Sepùlveda condivide alcuni tratti con altri intellettuali cileni in esilio, tra i quali la più famosa è forse Isabel Allende. L’atteggiamento cosmopolita ad esempio, vissuto sia per necessità sia per lo spiccato eclettismo culturale che lo ha sempre animato. Sepùlveda parlava correttamente inglese, francese, tedesco e italiano oltre allo spagnolo, e accanto agli autori sudamericani di riferimento amava Conrad, Melville e i romantici tedeschi come Novalis e Holderlin. Però quello che sorprende di più è l’energia che ha profuso negli anni per partecipare in prima persona alle lotte in difesa degli oppressi e dell’ambiente, viaggiando letteralmente ai confini del mondo. E infatti nei suoi libri – che si tratti di romanzi, racconti, reportage giornalistici o fiabe – i temi ricorrenti sono quelli della frontiera, del confine, della lotta per la libertà, dell’incontro tra differenze che diventa arricchimento reciproco.
Sepùlveda si è fatto testimone partecipe di queste situazioni, narrandole con voce diretta e realistica, ma senza rinunciare ad accenti di compassione nei confronti della condizione umana.
Sicuramente l’opera di Sepulveda maggiormente nota, almeno al pubblico dei più piccoli, e uno dei libri più richiesti nelle nostre biblioteche, è Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, pubblicato nel 1996. Una fiaba, appunto, pensata per i bambini ma anche e soprattutto per gli adulti, in quanto affronta tematiche universali in modo semplice ma puntuale.
Desiderio dell’autore pare fosse scrivere qualcosa che potesse davvero arricchire i giovani lettori (come erano i suoi figli, all’epoca) tornando a qualcosa la cui importanza, nel mondo moderno, veniva sempre meno: i sentimenti.
La toccante storia può essere raccontata in poche righe: la giovane gabbiana Kengah, rimasta vittima di una macchia di petrolio nelle acque al largo del golfo di Biscaglia, riesce a raggiungere Amburgo, dove, spossata e sofferente, atterrà sul balcone di una casa. Qui abita Zorba, “gatto nero grande e grosso”; prima di morire, Kengah depone un uovo, e strappa a Zorba tre promesse: non mangiare l’uovo, crescere il piccolo e, una volta cresciuto, insegnargli a volare. Il micione, che di grande aveva non solo il corpo, ma anche il cuore, prende sul serio il suo giuramento e, grazie all’aiuto di una famiglia allargata di gatti suoi amici, si prenderà cura della piccola uscita dall’uovo – la gabbianella Fortunata – e dovrà trovare anche il modo di insegnarle a volare.
Una storia che raccoglie diverse tematiche – l’impegno ecologista, il credere nelle proprie capacità, il superamento dei pregiudizi – ricorrenti nella vita e nell’opera di Sepùlveda.
La sfida più grande da affrontare, per un gatto e per un uccello, è sicuramente la convivenza tra specie diverse: “È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile” dice Zorba a Fortunata, e ancor più difficile è, una volta imparato ad amare qualcuno, lasciarlo andare. Il micio le prova tutte per convincere la gabbianella a volare, fino ad arrivare ad infrangere il più grande tabù: chiedere l’aiuto di un umano. Ma non un umano qualsiasi, bensì un poeta, ovvia personificazione dell’autore stesso.
«Sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante» miagolò Zorba. «Ah sì? E cosa ha capito?» chiese l’umano. «Che vola solo chi osa farlo» miagolò Zorba.
Il libro divenne immediatamente un bestseller, e tale fu la sua fortuna che ne vollero subito fare un film.
La gabbianella e il gatto uscì infatti già nel 1998, e, come l’opera letterario, fu un immediato successo cinematografico. Il film, diretto dal regista e illustratore Enzo d’Alò, gli valse il nastro d’argento, e si trattò della pellicola d’animazione italiana di maggior successo commerciale di tutti i tempi.
Molto bella anche la colonna sonora, che vanta voci di eccezione (come Ivana Spagna, Leda Battisti, Samuele Bersani e Gaetano Curreri) e azzeccati i doppiaggi: il micione è Carlo Verdone, il temibile re dei ratti Antonio Albanese, e il poeta…è ovviamente lo stesso Sepùlveda.
Il film rende bene la delicatezza del racconto, pur arricchendo la vicenda, in maniera intelligente e azzeccata, di personaggi e di azione: ad esempio gli screzi con la banda dei topi, al cinema diventa una vera e propria lotta, in cui si può ben vedere la contrapposizione tra la società dei gatti, rispettosa delle regole e delle diversità, con il governo totalitarista ed elitario dei topi (difficile qui non cogliere il rimando al passato dell’autore).
Nelle biblioteche di Valsamoggia, quando sarà possibile, potrete trovare diverse opere di Luis Sepùlveda, sia per adulti che per piccini.
In particolare, l’autore era particolarmente legato alla figura del gatto, che ritroviamo anche in un’altra fiaba, Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico (2012): questo racconto, insieme a Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare e Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza (2013), va a costituire la “Trilogia dell’amicizia”.
Ci avviciniamo alla fine dell’articolo con un ultimo omaggio all’autore, fatto in tempi fortunatamente non sospetti.
Due anni fa le scuole e le biblioteche di Valsamoggia hanno partecipato al concorso, promosso da IBC, “Io amo i beni culturali”, presentando il progetto – poi risultato tra i vincitori – QR TRAILER.
Scopri QR TrailerGli alunni delle scuole di Valsamoggi hanno prodotto più di 100 booktrailer, che sono ancora visibili sul canale Youtube della Fondazione Rocca dei Bentivoglio.
Tra questi, c’è anche il boktrailer di Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, ispirato a Sepùlveda, ancora una volta, dall’amicizia tra il figlio e il suo gatto. Ve lo riproponiamo qui, ringraziandone l’autore Lorenzo Bonazzi e la professoressa Sticozzi.
Concludiamo, infine, con un’ultimissima riflessione su Luis Sepùlveda.
Come è noto, la sua recente dipartita avvenuta il 16 di aprile di quest’anno a Oviedo (Spagna) è stata causata da complicazioni in seguito a un infezione da Covid-19 e ha suscitato grande costernazione nei lettori di tutto il mondo.
In uno scenario come questo, e in quelli che si preparano, sentiremo il bisogno di uno sguardo come il suo per accompagnarci con coraggio ad indagare i contrasti dell’ennesimo confine, fisico o esistenziale che sia.