Christine de Pizan: una femminista ante litteram
Tra la fine del ‘300 e la fine del ‘400, alla corte francese, nel bel mezzo della Guerra dei Cent’anni, una donna da poco rimasta vedova si vide costretta a lavorare per poter mantenere la sua famiglia.
Fin qui nulla di strano. Più strano è il mestiere che quella vedova, ancora molto giovane, tentò e riuscì a praticare: divenne la prima scrittrice donna professionista. Certamente, c’erano già state diverse donne che avevano preso in mano la penna, ma si era trattato perlopiù di religiose o nobildonne, che avevano scritto con intenti pedagogici o di svago; nessuna, però, era mai riuscita a pubblicare le sue opere o a guadagnare dal proprio lavoro letterario.
Ma chi è la protagonista del nostro racconto?
Christine de Pizan o, per dirla tutta, Cristina da Pizzano, una “femme italienne” emigrata giovanissima alla corte di Francia insieme alla famiglia. Figlia di Tommaso da Pizzano, all’epoca illustre intellettuale, Cristina nacque a Venezia e visse i primi anni della sua vita a Bologna, per poi trasferirsi a Parigi quando il padre assunse il ruolo di medico e astrologo del re Carlo V il Saggio.
Istruita fin da piccola per volere dell’illuminato papà, Christine amava la lettura e l’erudizione, ma in quanto figlia del suo tempo, venne formata dalla madre a diventare una buona padrona di casa e, quindicenne, data in sposa a un uomo di 10 anni più vecchio, Étienne de Castel, notaio e segretario del re. Il matrimonio, combinato dal padre, fu però ben riuscito e felice: l’unico rimpianto di Christine l’ essere stata costretta ad accantonare la sua passione, per una concreta mancanza di tempo, non perché il marito glielo vietasse. A 25 anni una malattia le portò via l’amato sposo. Anche il padre era morto qualche anno prima, e la giovane donna si ritrovò sola con 3 bambini e la madre a carico: sapeva di dover trovare un modo per superare il grande dolore e per mantenere la sua famiglia.
In uno dei suoi scritti, Le Livre de la Mutation de fortune, rielaborerà quel periodo della sua vita attraverso una suggestiva metafora: Christine sogna di essere alla deriva su una nave che ha perso il nocchiero, incapace di governarla per salvare la sua famiglia; a un certo punto Fortuna (il fato) inizia a toccarla, modellandola e riplasmandola. “Mi ritrovai con un animo forte e ardito, | di cui mi stupivo, ma capii | di essere diventato un vero uomo. […] Allora diventai un vero uomo, non è una storia, | capace di condurre le navi, | Fortuna mi insegnò questo mestiere”
Bisognava quindi “diventare uomini” per prendere in mano il proprio destino: un pensiero che anche oggi, purtroppo, non ci è estraneo.
Fu dunque la Fortuna a darle il coraggio e la spinta per riuscire nel suo intento, facendole ritrovare la passione per la lettura, attività capace di distrarla dal dolore ottima valvola di sfogo. Nel tentativo di consolarsi, Christine scrisse dei versi in onore del marito perduto, e queste poesie iniziarono a circolare nell’ambiente della corte, e ad essere apprezzate, così come altri scritti di vario argomento cui la donna si dedicò in quel periodo.
La sua fama crebbe, ed iniziarono così ad arrivare le prime commissioni: ad esempio, il duca Filippo di Borgogna la incaricò di scrivere una biografia del re Carlo V, compito cui Christine si dedicò con zelo e professionalità, consultando documenti originali e intervistando testimoni, contribuendo a definire un modello di storiografia letteraria più serio e verificato, e, a livello personale, iniziando anche a guadagnare importanti somme di denaro per il suo lavoro.
Col passare del tempo, Christine ampliò la sua produzione letteraria, spaziando tra vari generi che le permettessero anche di parlare di attualità (tra cui opere politiche e saggi di guerra), e dimostrandosi una vera donna d’affari. All’epoca non esisteva la stampa, e riprodurre un libro significava copiarlo a mano: Christine mise in piedi la propria azienda, avvalendosi di collaboratori e miniaturisti (di ambo i sessi), grazie alla quale confezionava i suoi manoscritti, eleganti esemplari completi di illustrazioni in cui appariva anche lei stessa. La sua figura era stata studiata ad arte per essere ben riconoscibile, e apparire professionale ma non troppo austera: copricapo bianco, vestito elegante ma pratico, nero o blu, sottoveste rossa o azzurra; si faceva rappresentare nell’atto di offrire un’opera ai suoi committenti, o alla scrivania intenta al lavoro, oppure in scene tratte dagli episodi narrati. Aveva, in poche parole, trovato il modo per pubblicizzare non solo le sue opere, ma anche il suo personaggio.
Era anche ben consapevole che il suo successo dipendesse molto dalla curiosità destata dal fatto che fosse una donna a scrivere, più che dal valore intrinseco delle suo opere: non si fece scoraggiare, ma anzi ne approfittò per affrontare pubblicamente il tema della condizione femminile. Ovviamente, ci troviamo davanti a un femminismo ante litteram, espressione del pensiero di una donna proveniente da una famiglia privilegiata, monarchica e tradizionale: amante del buonsenso e della misura, Christine non arriverà mai a sostenere posizioni estreme.
In diverse sue opere ritroviamo affrontato il tema della capacità e del valore delle donne: in un libretto di consigli per il figlio adolescente, mamma Christine invita il giovane ad essere benevolo con la futura moglie, a trattarla da compagna e non da serva, e a non picchiarla (probabilmente c’era bisogno di dirlo); in altre occasioni ammoniva gli uomini affinché tenessero informate le mogli, qualora dotate di buonsenso e intelletto, degli affari di famiglia, onde evitare la perdita dei beni in caso di prematura dipartita del marito. In pratica, quello che era successo a lei: fresca di lutto, aveva penato non poco a prendere a mano le redini economiche della famiglia, allontanando finti creditori, esigendo il pagamento degli arretrati del marito, barcamenandosi tra la lunga e boriosa burocrazia statale.
La cosa che più le premeva, però, era denunciare a gran voce la credenza diffusa dell’inferiorità intellettiva delle donne: una donna, diceva Christine, ha le stesse capacità di un uomo, ma non ha le stesse opportunità per dimostrarlo. Ecco alcune righe che dedica all’argomento
“Se fosse consuetudine mandare le figlie a scuola come figli, e se poi venissero insegnate loro le scienze naturali, imparerebbero altrettanto a fondo e comprenderebbero le sottigliezze di tutte le arti e le scienze così come i figli”
e ancora
“Non tutti gli uomini (e soprattutto i più saggi) condividono l’opinione che sia un male per le donne essere istruite. Ma è verissimo che molti uomini sciocchi hanno affermato questo perché non gli piaceva che le donne sapessero più di loro”
Ma arriviamo ora a parlare della sua opera più famosa, La Cité des dames, La Città delle Dame, scritta tra il 1404 e il 1405. Con questo colossale testo, l’autrice si pone l’obiettivo di ribaltare l’opinione comune sull’universo femminile, dipinto appunto come frivolo, volubile, inferiore.
In particolare, Christine prende di mira gli scritti di due scrittori che, come altri del periodo, avevano espresso chiaramente dei giudizi poco lusinghieri sulle donne: Jean de Meung – uno degli autori del Roman de la Rose, testo del XIII secolo, famosissimo e molto letto, che dipingeva le donne come avide seduttrici o inerti oggetti di piacere – e Giovanni Boccaccio, che nel De mulieribus claris aveva elencato i diversi vizi delle donne.
Nella sua opera allegorica, dunque, Christine si fa portavoce delle ingiustizie perpetuate per secoli contro le donne e, grazie agli insegnamenti di Ragione, Giustizia e Rettitudine, costruisce – letteralmente, con tanto di mattoni e cazzuola – una vera e propria città fortificata in cui accogliere un elevato numero di dame di virtù (sante, eroine, letterate, regine…) capaci di testimoniare il grande, prezioso e indispensabile contributo che il genere femminile è capace di offrire alla società.
Molto interessante in particolare il suo rapporto con l’opera del Boccaccio, che risulta allo stesso tempo punto di partenza e obiettivo di “riscrittura”. Sono molte, infatti, le donne citate da Boccaccio nel De mulieribus che, attraverso la penna di Christine, ritrovano voce e dignità.
Infatti, una delle differenze fondamentali tra Boccaccio e De Pizan, è che il primo loda quelle donne che agiscono da uomini, contrastando la loro natura debole e sfuggevole: Christine invece ribadisce il concetto – molto moderno per l’epoca – che le donne siano sagge, coraggiose, intelligenti e fedeli non perché tentino di assomigliare agli uomini, ma poiché posseggano di natura tali qualità.
L’opera ebbe un grande successo e pare che sia stata una delle letture più utilizzate, anche nei secoli successivi, per l’educazione di future regine e nobildonne.
Christine, passati i 50 anni e disgustata dei rivolti politici della Guerra dei Cent’anni, si ritirò a vita privata in convento, ma non seppe trattenersi dal riprendere in mano la penna per glorificare la pulzella d’Orleans, la donna che avrebbe salvato la Francia. La sua ultima opera fu quindi Le Ditié de Jehanne d’Arc, scritto nel 1429 in onore del coraggio e del valore femminile; Christine si spense l’anno successivo, risparmiandosi fortunatamente il martirio di Giovanna d’Arco.
Sebbene a lungo dimenticata, è importante per noi oggi ricordare la figura di questa donna così moderna, ma allo stesso tempo ben calata nella realtà del suo tempo, che più di 600 anni fa portava avanti battaglie ancora oggi ben lontane dall’essere vinte.
Siete stati affascinati dalla figura di Christine de Pizan? Allora non potete perdervi il reading a lei dedicato, all’interno di La città invisibile 2021.
Sabato 2 ottobre, ore 18.00, presso piazzetta Garagnani a Crespellano, Valsamoggia
Cristina Bartolini. La città delle dame – Tra Boccaccio e Christine de Pizan, a cura di Teatro Evento
Info e prenotazioni
Inoltre, nelle nostre biblioteche puoi trovare:
La città delle Dame, Christine de Pizan – Mediateca di Bazzano
Un’italiana alla corte di Francia : Christine de Pizan, intellettuale e donna, Maria Giuseppina Muzzarelli – Biblioteca di Crespellano e Monteveglio
Christine e la città delle dame, S. Ballestra – coming soon alla Mediateca di Bazzano