Scopriamo con le parole di Katia Nobili, curatrice di Japanimation, i film di animazione protagonisti della rassegna dedicata agli anime giapponesi. Ultimo appuntamento sabato 20 aprile alle 20.30 a Castello di Serravalle (Sala Polivalente, Piazza della Pace, 28). Prima della proiezione rinfresco preparato dal comitato genitori di Castello di Serravalle

Visione consigliata a partire dai 10 anni | Ingresso libero e gratuito

 

I figli del mare

Siamo arrivati alla quarta ed ultima serata di Japanimation, e quale modo migliore per concludere se non con un epico viaggio negli abissi marini e nello spazio siderale?

Il regista de I figli del mare è Ayumu Watanabe, lo stesso de La fortuna di Nikuko, proiettato durante lo scorso appuntamento. Ma le due storie, nonchè lo stile grafico-pittorico, sono completamente agli antipodi. Questo film è infatti tratto dall’omonimo manga di Daisuke Igarashi, una corposa opera in cinque volumi pubblicata tra il 2006 e il 2011.

Ruka è un’adolescente che sta vivendo, oltre ai normali disagi della crescita, una condizione familiare problematica, e questo la porta a sfogare la sua frustrazione con i suoi coetanei. Esclusa dalle attività delle vacanze estive a causa di uno spiacevole incidente, si vede costretta a passare il tempo nell’acquario dove lavora suo padre.

Qui fa conoscenza con due ragazzi dal passato strano e misterioso: Umi (“mare”) è amichevole, propositivo ed energico, mentre Sora (“cielo”) è sfuggente, cinico e a tratti sgradevole. Nonostante tutto, i tre cominciano a passare il tempo assieme, e la ragazza presto si accorge di tutte le peculiarità o, per meglio dire, di tutte le caratteristiche non esattamente umane dei suoi nuovi amici.

I ragazzi, la cui origine rimane sconosciuta, sono cresciuti in mare con i dugonghi, e sono sottoposti, come le altre creature marine dell’acquario, a una serie di esami medici da parte di un gruppo di studiosi adulti che sembra però non comprendere la profondità e la necessità di contatto di Umi e Sora.

Spetterà a Ruka il compito di accendere la miccia e innescare la fiamma dell’”incendio” cui i due ragazzi sono destinati.

La trasposizione cinematografica di un’opera originale così pregna di contenuto, significato e misticismo rischiava di risultare caotica e a tratti incomprensibile. Fortunatamente siamo invece di fronte a una pellicola dall’altissima qualità artistica, dalla sublime composizione grafica e da una complessità della trama che lascia comunque spazio al piacere della visione.

Lo spettatore viene travolto da un mondo che diventa via via meno concreto e più astratto, con rimandi alla filosofia, allo spiritismo e alla metafisica: nonostante qualche particolare possa sfuggire alla sua comprensione, il senso di ricchezza e universalità che tracima dallo schermo ripaga appieno ogni dubbio, lasciando una sensazione di arricchimento spirituale e serenità.