Chiesa San Nicolò di Calcara
La chiesa parrocchiale di Calcara ha origini molto antiche.
Di esse rimane testimonianza, oltre che dai documenti noti, grazie alle porzioni murarie già visibili fra la canonica e la nuova chiesa e, per quanto riguarda il campanile, messe in luce dai restauri (1994) promossi dall’attuale Parroco.
In effetti, stando a quanto riportato da Luigi Aureli, la chiesa avrebbe origini anteriori al XIII secolo se già nel 1201 il Castello fortificato di Calcara è documentato come possedimento nonantolano.
Possiamo addirittura affermare che il Castello di Calcara è gia documentato dal Mille: come si evince dalla Storia dell’augusta Abbazia di Nonantola, il primo documento in cui è citato un Castrum Calcarie risale al 1026 (e si può immaginare che fosse già esistente anche la chiesa del Castello. Bertusi.) Nel 1300 la chiesa di San Nicolò di Calcara è documentata alle dipendenze della pieve di Monteveglio.
Originariamente l’edificio doveva avere dimensioni assai più ridotte delle attuali: di come dovesse essere si può avere idea dai locali dell’attuale Cappella invernale.
Le prime notizie riguardanti lavori di ricostruzione risalgono al 1571: in effetti, nel corso della visita pastorale di cinque anni prima, la chiesa era stata trovata “male coperta e così pure il battesimo ha bisogno di essere riparato”. Questa frase, oltre allo stato in cui versava l’antica chiesa, documenta anche la presenza in essa del fonte battesimale, che, come sottolinea Bertusi, ancora nel ‘500 molte parrocchie rurali non avevano, costringendo i parrocchiani a rivolgersi o alla pieve o ad altre parrocchie che invece ne erano dotate. A Calcara la presenza del fonte battesimale è documentata ancor prima del XVI secolo.
Come si diceva, al 1571 risale il progetto di ricostruzione della chiesa antica. A queste date essa si presenta come un edificio orientato in senso Est-Ovest, a navata unica, bassa, lunga e stretta, con la copertura in assi di legno e priva del campanile e del locale per la sagrestia.
All’epoca del progetto si considera che “la chiesa è mal provvista di paramenti e si può dire che haverà bisogno di cominciar da piede ogni cosa”. Si procede quindi ad allargare la struttura verso Sud e sistemare e innalzare il tetto, che rimane in legno a due acque (tranne che nell’abside, che risulta coperta a volta). Intorno al 1600, o forse anche prima, si innalza il campanile.
I muri esterni della chiesa erano dipinti di rosso.
All’inizio del ‘700 fu intrapresa la ricostruzione della chiesa: come si evince dal resoconto della visita del cardinale Parocchi (1878), la chiesa si trovava “in stato di decadenza, anzi di rovina, quando il generoso di lei parroco fu don Giuseppe Bianconi, che la reggeva nell’anno 1702 sino al 1734, si accinse a sue spese a riedificarla e abbellirla”. A queste date fu innalzata la copertura (a volte) dell’edificio e vennero aggiunti due corpi laterali per le cappelle. Risale ai primi decenni del secolo anche la pala d’altare con l’immagine di San Nicolò, originariamente posta sull’altare maggiore, dalla quale è ben visibile la chiesa parrocchiale di Calcara dopo la ricostruzione settecentesca (si pensa, per la pala, a una data intorno al 1730).
Il 16 settembre 1714, con decreto del cardinale Gozzadini, la chiesa di Calcara fu innalzata al grado di Arcipretura.
All’inizio del secolo successivo fu spostato il cimitero dal lato sud, dove si trovava, al lato nord e ampliata la navata meridionale.
L’Aureli così descrive l’interno della chiesa a metà Ottocento: vi si trovano cinque altari compreso il maggiore sul quale è posta l’immagine settecentesca del Santo titolare; gli altri quattro sono dedicati al SS. Crocifisso (su questo si trova il dipinto con la Crocifissione e Santi), a San Domenico, alla B.V. del Rosario (con la pala dei Misteri che afferma essere stata dipinta dal Cesi). L’ultimo altare, dice l’Aureli, “è senza tavola poiche’ consacrato a reliquie di Santi ed a luogo di quadro evvi un Nicchio ove sono elegantemente disposte in ricca teca”.
Dice inoltre che i due altari di San Domenico e dei Misteri del Rosario “spettano al Sig. Conte Turrini”, che ne è giuspatrone. La Pala del Rosario fu eseguita per un membro della famiglia Turrini, mentre il dipinto con San Domenico fu donato alla chiesa nel 1837 dal conte Luigi Turrini. (Bertusi) Prendendo rapidamente in esame alcuni aspetti dei dipinti che ornano la chiesa di Calcara (tema che meriterebbe uno spazio assai più ampio rispetto alle righe che in questa sede è possibile dedicare), si può affermare che essi ricoprono un arco di tempo compreso indicativamente tra il tardo Cinquecento e la metà del Settecento.
Per quel che concerne la pala con i Misteri del Rosario, Marcello Oretti, riprendendo un’indicazione del Malvasia (“1610 SS. Rosario per il Sig. Domenico Turrini”), riporta che nel 1610 Bartolomeo Cesi eseguì una pala con la SS. Vergine del SS. Rosario per Domenico Turrini, che la pagò ? 200.
La notizia appare confermata dal restauro a cui il dipinto è stato sottoposto alcuni anni fa (inaugurato il 25/3/1990) che ha evidenziato, nel riquadro centrale della parte inferiore, la presenza delle lettere “D” “T”, le iniziali del committente Domenico Turrini, nonche’ del gallo, lo stemma della famiglia. Ai lati del riquadro centrale sono dipinte le immagini dei Santi Maria Maddalena e Carlo Borromeo. Quest’ultimo fu canonizzato proprio nel 1610, l’anno a cui risale il dipinto.
Dal 1512 il giuspatronato sulla chiesa di Calcara spettava ai Canonici Lateranensi di Monteveglio. Per i Canonici Lateranensi Bartolomeo Cesi, l’autore del dipinto di Calcara, lavora intorno agli stessi anni nel grande affresco del refettorio di San Giovanni in Monte a Bologna.
La pala con la Crocifissione fu eseguita per la chiesa di Calcara, come dimostra la presenza di San Nicola, vescovo di Mira, ai piedi della Croce. L’impostazione del dipinto è tardo cinquecentesca.
Quando nel Settecento venne dipinta la nuova immagine del Santo titolare per l’altare maggiore, il San Nicola della Crocifissione fu ridipinto e trasformato in un San Biagio, San Girolamo in Sant’Andrea e davanti fu dipinta l’immagine di San Giovanni Battista.
Il recente restauro (1995) ha restituito alla pala, ora posta sull’altare maggiore, il suo aspetto originario liberandola dalle ridipinture: al centro compare la croce col Cristo, al quale la morte ha conferito carni dal pallore lunare, quasi abbagliante. Ai lati i Santi Nicola e Girolamo.
In alto il sole e la luna, simboli antichissimi rispettivamente del Nuovo e dell’Antico Testamento.
Il cielo nero, che sfuma all’orizzonte in una striscia di azzurro e che è squarciato dietro la croce da una luce dorata, simboleggia l’oscurità che avvolse la terra al momento della morte di Gesù Cristo: “ora era circa l’ora sesta, e si fece buio in tutto il paese fino all’ora nona essendosi oscurato il sole. La cortina del tempio si squarciò pel mezzo. Gesù, gridando con gran voce, disse ‘Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio’. E detto questo spirò.” (Luca 23, 44).
Sempre al tardo Cinquecento risale un altro dipinto della Chiesa di Calcara, la Madonna col Bambino e San Giovannino. Anch’esso restaurato di recente e inaugurato il 6 maggio del 2001, è descritto dal Malvasia nella Felsina Pittrice come opera del pittore Ercole Procaccini: “La molto graziosa e pittorica Beata Vergine che porge rose al suo caro figliuolo, mentre San Giovannino dall’altra parte intreccia di esse una corona, la pone al collo dell’agnellino, fatta fare nel 1570 come appare dal rovescio ove ciò è scritto da un Zanone Cattanei Speziale e riposta in un suo altare antico distrutto, siccome finita la sua casa, ed oggi riposta e collocata nell’altare dei signori Paselli” (nella chiesa bolognese di Santa Maria Maggiore).
Il Malvasia indica quindi l’autore e l’anno di realizzazione dell’opera in questione, nonche’ del nome del committente, lo speziale Zenone Cattanei. Non dice dove fossero la casa e l’ “altare distrutto” in cui l’opera si trovava anticamente; tuttavia il nome Cattanei da queste parti è piuttosto familiare essendo i Cattanei a quell’epoca di nuovo proprietari della Torre (oggi Stagni) e dell’oratorio di San Michele Arcangelo in Pragatto.
Dell’altare di San Nicola si è gia accennato. Di mano ancora anonima, dipinto entro i primi trent’anni del XVIII secolo, è stato restaurato di recente e inaugurato il 6 maggio 2001.
Il quadro con San Domenico mostra, oltre al Santo, le figure della Madonna e di Gesù Cristo.
Il concatenarsi dei gesti aiuta a comprendere che il Santo è colto nell’atto di intercedere insieme alla Madonna presso Gesù Cristo in favore di Bologna, affinche’ non scagli sulla città, raffigurata sulla sinistra, i dardi infuocati che reca in mano. Il dipinto è stato donato alla chiesa dal conte Lucio Turrini nel 1837. A quel tempo la famiglia Turrini esercitava il giuspatronato sulla chiesa di Calcara (diritto che mantenne dal 1816 al 1879).
La chiesa di Calcara fu soggetta, nel corso dei secoli, a diverse pievi: alla pieve di S. Maria di Monteveglio fino al 1793, con un intervallo compreso tra il 1578 e il 1618 durante il quale fece capo alla pieve di Castelfranco. Dalla fine del Settecento passò sotto la pieve di S. Pietro di Anzola fino al 1878, quando, il 4 ottobre, fu eretta plebana per decreto del cardinale Parocchi.
Il giuspatronato fu esercitato dai parrocchiani fino al 1512, quando ne fecero donazione ai Canonici Lateranensi di Monteveglio. Con la soppressione del loro Ordine a fine Settecento passò alla Mensa Arcivescovile fino al 1816, quando, con decreto del cardinale Oppizzoni datato 12 aprile, fu acquisito dalla famiglia Turrini Rossi che lo esercitò, come si è visto, fino al 1879. Il 9 ottobre di quell’anno il conte Lucio Turrini vi rinunciò e il giuspatronato tornò alla Mensa Arcivescovile che tuttora lo esercita. Nel resoconto della prima visita del cardinale Svampa (30 maggio 1898), si legge che la chiesa di San Nicolò, plebana dal 1878 “non ha chiese parrocchiali dipendenti ed è soggetta al vicariato di Anzola. Ogni anno o dal Parroco o dal Cappellano o in caso di impedimento dal Campanaro si vanno a prendere gli oli santi a Bologna”.
Dopo i lavori di ricostruzione di inizio Settecento, il secolo successivo si aprì, come si diceva, con lo spostamento del cimitero a nord della chiesa e con l’ampliamento della navata meridionale.
Nel 1864 furono eseguiti restauri generali ai quadri, agli altari ai muri interni ed esterni, tanto che in occasione della visita del cardinale Parocchi del 1878 viene trovata “in stato abbastanza decoroso”.
Nel 1883 venne inaugurato il nuovo campanile, realizzato su progetto dell’architetto capomastro Vincenzo Brighenti.
L’ultima ricostruzione della chiesa risale all’inizio del secolo scorso: dopo che, in occasione della visita pastorale di mons. Giacomo della Chiesa (11 febbraio1912) si riconobbe che la chiesa, pur essendo ben tenuta, era oramai troppo piccola per rispondere alle esigenze della popolazione, si costituì un Comitato “pro erigenda nuova Ecclesia parochiali”: il progetto fu ideato dall’ingegner Giuseppe Gualandi e la prima pietra fu posata il 28 settembre del 1919.
Nel corso del secolo molti lavori di completamento e di restauro sono stati intrapresi: in particolare l’attuale Parroco ha promosso interventi che hanno interessato non solo la chiesa (riscaldamento, tetto, copertura in rame delle absidi, muri esterni, vetrate, piazzali circostanti, dipinti, i banchi nuovi, nuova sistemazione del fonte battesimale a fianco dell’altare, l’organo, il nuovo altare maggiore, consacrato il 14 aprile 2002, fino al recentissimo restauro e parziale trasformazione del confessionale seicentesco, 3/5/2003), ma anche le strutture adiacenti: campanile, oratorio, canonica…
(Testi tratti da: “Tra otium e negotium, le Ville di Crespellano”, “Chiese ed oratori di Crespellano”. Ricerche e stesura testi di Silvia Rubini, foto di Luca Vanelli)