Arcipelago – Nessuno è veramente un’isola è il concorso artistico riservato agli artisti esordienti che, per volere e col sostegno della famiglia Biagi, da sette anni si tiene in Valsamoggia in ricordo di Gustavo Biagi. Il contest ha lo scopo di valorizzare e dare spazio ad artisti emergenti, consentendo di esporre le proprie opere all’interno di una mostra.

La mostra con le opere dei vincitori e delle vincitrici di questa settima edizione è visitabile dal 9 al 24 settembre alla Rocca dei Bentivoglio.

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Per conoscere meglio l’arcipelago artistico creato dai vincitori e dalle vincitrici di quest’anno, siamo andati ad esplorare i mondi che compongono questo insieme di isole umane.

Oggi conosciamo Federica Zianni, romana classe 1993. Laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera in Scultura, dove è tornata nel 2022 con l’incarico di docente di Tecniche di Fonderia. Attraverso la sua ricerca cerca di riflettere come l’arte, intesa come pratica, sia il punto di incontro, la terra franca in cui contrastare le paure suscitate da problematiche attuali come l’identità, il retaggio culturale e la migrazione, in modo diretto e dimostrativo, attraverso istallazioni e performance.

 


 

Essere esordienti significa praticare, con qualunque tecnica e qualunque espressione, la fantasia e l’immaginazione con responsabilità, senza avere come meta o scopo unico e ultimo, il mercato. Esordire deriva dal latino “exordiri”, che in origine significava «cominciare a tessere». Quando hai cominciato, per la prima volta, “a tessere”?

Ho sempre saputo di voler fare l’artista fin da piccola, per cui ho sempre prodotto manufatti e disegnato, poi ho frequentato il liceo artistico nella mia città e poi mi sono trasferita per formarmi a Brera. Devo dire che la fase di sperimentazione è stata fondamentale durante gli anni di accademia, ma appena diplomata ho come avuto un’illuminazione, l’allontanamento dall’accademia ha fatto sì che la mia ricerca mi fosse chiara e che la mia produzione fosse più omogenea e riconoscibile, in un certo senso pronta per il mercato. Direi che la mia fase esordiente è terminata con gli studi. Tutt’ora sperimento, ma nel privato del mio studio e non mostro il nuovo filone di ricerca se non sono pienamente sicura della sua piena riuscita.

 

Come ci insegna Arcipelago, nessuno è veramente un’isola. Cosa significa per te questo concetto?

Il concetto di isolamento mi rimanda sempre ad una dimensione di malattia mentale o disagio di qualche tipo. La realtà è che quando si è soli o è per scelta o per abbandono ed entrambe le opzioni nascondono del tragico. Platone asseriva che chi riesce a vivere in solitudine è un dio o un animale, proprio per ricalcare la natura sociale dell’essere umano che gli è indispensabile alla sopravvivenza. Alla solitudine è sempre associata un alone di morte e sofferenza per cui “Nessuno è veramente un’isola” io l’ho letto come un messaggio di speranza. Nessuno sarà veramente abbandonato a se stesso fino a che vivremo in una società civile.

 

Ci racconti una delle tue opere che vedremo in mostra?

Bollard e Gound Jelly I sono state create durante la residenza artistica Inedita 2, progetto coordinato da Marina Bastianello, Alberta Pane e IKONA Venezia, a Forte Marghera. Entrambe le opere sono nate dalla commistione della mia ricerca artistica di allora, la vicinanza con gli altri artisti in residenza e le suggestioni del luogo, ex forte militare. Mi sembrava che dal forte e dalle esperienze traumatiche dei miei colleghi trasudasse una mascolinità tossica che ho cercato di esorcizzare intessendo con lacci emostatici un dissuasore a forma di proiettile e uno spermatozoo di 5 metri che occupava tutta l’area centrale del capannone in cui lavoravamo, costringendo chi voleva entrare o uscire a girargli intorno o a scavalcarlo.