Parlare di musica per raccontare la storia e la società

 

MA RAINEY’S BLACK BOTTOM

George C. Wolfe, 2020

Disponibile in streaming sulla piattaforma Netflix

 

Ci sono film mediocri e capolavori, pellicole ben riuscite e opere disastrose ma, ogni tanto, accade di trovare qualcosa di pungente, particolare, che si insinua nel profondo e continua a farti pensare a ciò che hai visto ben dopo aver spento lo schermo.

Questo è Ma Rainey’s Balck Bottom, tratto dall’omonima opera teatrale di August Wilson, considerato il più importante drammaturgo afroamericano. Della sua origine, il film mantiene l’impianto “chiuso”, scene girate quasi completamente all’interno, in un crescendo di discese – dalla strada allo studio di registrazione, situato più in basso rispetto alla “bianchissima” cabina di regia, fino alla sala prove nel più angusto degli scantinati. La vicenda, che si svolge nell’arco di un pomeriggio, è quella della registrazione del disco di Ma Rainey: la trama però non è delle più semplici.

Un film che non è destinato a premi eccelsi, che non sarà ricordato tra i 100 migliori film dei nuovi anni ’20, ma che contiene un importante nucleo di riflessione e porta con sè un grumo di sentimenti pronti a esplodere. Due i punti forti: la musica, il Blues, di cui Ma Reiney è considerata la fondatrice, che qui ha una duplice funzione di cuore della vicenda e allo stesso tempo di pretesto per raccontare storia e sentimenti dei personaggi che prendono parte alla scena, e gli interpreti. Partiamo da qui.

 

L’interpretazione

Un cast equilibrato di attori capaci, su cui spiccano inevitabilmente Viola Davis e Chadwick Boseman.

La Devis, già vincitrice di un premio Oscar per Barriere (2016, Denzel Washington), fa ciò che le riesce meglio: recitare bene. Si appropria dell’imbottito corpo di Ma, del suo trucco sfatto, della sua personalità ingombrante atta a mascherare le insicurezze, e ci mostra un personaggio determinato, con manie da diva, che difende con le unghie e con i denti i confini della sua autorità. Si fa come dice lei, lei decide cosa cantare e come gli altri debbano suonare, cosa andrà a finire nel disco e cosa no. All’interno del suo mondo, lei è la regina indiscussa: è tutto quello che ha, e non vuole che nessuno le metta i piedi in testa.

Contrapposto a Ma c’è Levee: tanto magro, agitato e moderno lui, tanto pesante, lenta ed attaccata alla sua musica lei. Levee nasconde dietro ad un’ottimismo sfrenato ad un’alta considerazione di sè traumi mai elaborati, che lo portano a scattare ogni volta fa capolino la possibilità di una delusione (o forse ne ha già accumulate fin troppe): peggior nemico di sè stesso, la sua irruenza e voglia di rivalsa gli impediscono di tenere la bocca chiusa. E così, pungolato dalla crudele piaga della segregazione razziale, finisce col prendersela con chi può, anche se non ha colpe.

Quelle di Levee è stata l’ultima interpretazione del talentuoso Chadwick Boseman, attore consacrato grazie al supereroe afroamericano Black Panther (2018, Marvel Studios), scelto da Spike Lee per il suo ultimo film e deceduto a causa di un cancro al colon la scorsa estate. Per questo ruolo è stato candidato all’Oscar, che ha buone probabilità di essere conferito postumo.

 

La musica

La vicenda è ambientata – forse non casualmente – nel 1927, anno in cui al cinema esce il primo film sonoro, Il cantante di jazz. Al Jolson interpreta un ebreo che fugge di casa per seguire il suo sogno, la musica jazz: il film ci mostra quella che è forse la più calmorosa black-face di tutti i tempi.

I tempi stanno cambiando, a partire dalla metà degli anni ’20 jazz e blues cominciano a migrare fuori dal contesto totalmente black, per essere non solo ascoltati, ma anche suonati e interpretati da bianchi: un’operazione che, sebbene per molti sia stata dettata da semplice amore per quel genere musicale, puzza un po’ di appropriazione culturale. Anche questo è un elemento riflessivo presente nel film.

Ma soprattutto qui la musica funge da catalizzatore per raccontare motivazioni, punti di vista e ferite profonde dei personaggi:

La band di Ma, tre musicisti capaci e totalmente devoti alla diva. Segnati dalla vita, hanno inquadrato quale sia la loro posizione e non vogliono, osano o semplicemente non sono interessati ad andare oltre, godendosi ciò che sono riusciti ad ottenere.

Ma, la grande cantante: consapevole che ai bianchi “Non gliene frega niente di me. Loro vogliono solo la mia voce” e che una volta incisa su disco, quella voce, potrebbero decidere di fare a meno di lei, decide di prendersela comoda, tirarla per le lunghe, sfruttare fino all’ultimo quel poco potere che ha.

Levee, che finge di credere nel più roseo dei futuri, ignorando i consigli dei colleghi più anziani, convinto di potersi guadagnare un po’ di giustizia grazie al suo talento.

I bianchi, un gruppo indistinto qui sintetizzato da due figure, quella del manager e quella del produttore, il primo pronto a tutto per soddisfare la sua diva, il secondo più determinato a contenerne i capricci. Per entrambi, però, è chiara una cosa: i rapporti con i neri si limitano agli affari, il valore si misura in base al guadagno. Certamente i bianchi vengono ritratti negativamente, e come dare torto all’autore: un grido di “denuncia” che valeva nel passato come, purtroppo, continua ad essere attuale ora.

 

 

 

I titoli consigliati delle biblioteche di Valsamoggia:

 

Green Book

2018, Peter Farrelly – Mediateca di Bazzano, Biblioteca di Crespellano

 

Il film racconta l’amicizia tra l’italoamericano Tony Vallelonga e il pianista afroamericano Don Shirley, nata negli anni ’60 durante una turneè nell’America del Sud. Il musicista si ritrova nell’ambigua posizione di essere invitato e acclamato come grande artista, ma di non poter usufruire del bagno degli ospiti o di non poter cenare al ristorante insieme al suo pubblico, a causa del colore della sua pelle che rappresenta una barriera nei confronti della società: «Se non sono abbastanza nero e non sono abbastanza bianco e non sono abbastanza uomo, dimmelo tu Tony, cosa sono!?»

 

Sing Street

2016, John Carney – Mediateca di Bazzano e Biblioteca di Crespellano

La musica come luogo dove rifugiarsi quando tutto intorno a te minaccia di crollare (la tua famiglia, la tua istruzione, il tuo futuro), e come punto di partenza per prendere coscienza di sè e costruirsi il proprio avvenire. Proprio come farà Conor, che, nella Dublino degli anni ’80, fonda la sua band per attirare la ragazza di cui si è innamorato, trovando però molto di più: amicizia, amore e speranza.

 

Whiplash

2014, Damien Chazelle – Mediateca di Bazzano e Biblioteca di Crespellano

 

Una versione violenta di Saranno Famosi, un aspirante batterista e un inflessibile insegnante che attraverso prove massacranti e umiliazioni vorrebbe far emergere il nuovo Charlie Parker. Un film che fa riflettere sulla competitività della società attuale e sui sacrifici che siamo disposti a fare per coronare i nostri sogni. Il tutto ambientato nel mondo del jazz contemporaneo.

 

Jersey Boys

2014, Clint Eastwood – Mediateca di Bazzano, Biblioteca di Crespellano 

Quattro ragazzi italoamericani che fanno musica “da neri” in un’atmosfera alla Quei bravi ragazzi: la musica come strumento di affermazione e successo.

 

Film musicali biografici:

  • Amadeus   1984, M. Forman, Mediateca di Bazzano e Biblioteca di Crespellano
  • Jimi, all is by my side   2013, J. Ridley, Mediateca di Bazzano
  • Ray   2004, T. Hackford, Biblioteca di Crespellano
  • La vie en rose   2007, O. Dahn, Mediateca di Bazzano e Biblioteca di Crespellano
  • Walk the line, quando l’amore brucia l’anima    2005, J. Mangold, Mediateca di Bazzano